MESSAGGIO PER I MIEI PICCOLI LETTORI


MESSAGGIO PER I MIEI PICCOLI LETTORI:

Credo che il talento sia in ognuno di noi, bisogna saperlo svegliare, riconoscere ed educare. Nessuno nasce artista, nel senso classico del termine, ma tutti abbiamo qualcosa da raccontare e una personale sensibilità che è indispensabile coltivare fin da piccoli. Il segreto per divertirsi è tirare fuori un pò di coraggio e non essere troppo severi con se stessi.
FIDATEVI!!!!


martedì 16 dicembre 2014

Fantasy....che passione!!!

"Si avvicinava la data tanto attesa. 21 dicembre 2012.  corrispondeva alla fine di uno dei cicli del calendario maya e in quel preciso giorno si attendeva che la Terra, il Sole ed il centro della via Lattea si sarebbero allineati perfettamente.
Si parlava di catastrofi naturali, maremoti, fine del mondo ma Max, Alexia e Robin sapevano che nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.
Loro sapevano della leggenda dei cavalieri dalle teste spinose. Si diceva che Max fosse uno dei discendenti della dinastia del grande Maximilian, il sovrano che era riuscito a sconfiggere i cavalieri quando, diversi anni prima, la grande pietra che nascondeva il segreto della loro immortalità era stata Da lui, ritrovata.
Poi la leggenda vuole che la pietra fosse stata nascosta e ben custodita nel tempio di Eufiride  per altri 2000 anni. Fino a quel 21 dicembre 2012 in cui, infatti, il singolare allineamento degli astri avrebbe ridato vita ai cavalieri e , questi, si sarebbero nuovamente impossessati della pietra dell'immortalità. I cavalieri si sarebbero inizialmente manifestati solo ai nuovi eletti. La pietra sarebbe stata rubata.
Tutto ciò sarebbe avvenuto nel luogo in cui , una volta era stato edificato il tempio di Eufiride e sul quale, adesso, sorgeva il grande museo del popolo maya.
"


Amici...questo mi è venuto in mente.... Questa è la bozza del nostro nuovo racconto.
Vi ho dato qualche spunto per iniziare una nuova avventura ???????.......voglio CHE SIA L'AVVENTURA CHE VOI VIVRETE esclusivamente insieme a ME!!!!!!!!!!!!
Vi aspetto e aspetto che dalle vostre idee si sviluppi una nuova storia straordinaria.
MI PIACEEEE!!!!!!!! ;-)


SCRIVETE NEI COMMENTI LA PRIMA SCENA....COME IN UN FILM!!!!!

domenica 30 novembre 2014

Indovina il libro..

Buona domenica a tutti!! Inizio la nuova settimana invitandovi a giocare con me....

Vi propongo una frase bellissima che ho letto sul libro che sto leggendo e vi chiedo di indovinare qual è il libro. Ogni settimana cambierò frase e anche voi, se vorrete, potrete inserire la vostra frase e mettere alla prova gli altri.

La frase di questa settimana è: "Non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro . Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo....: il paese delle lacrime è così misterioso! "

cosa sto leggendo????

A presto!!!!!
Laura 


domenica 16 novembre 2014

Raccontiamo insieme???

Ciao a tutti, amici!!!! In uno dei rari momenti di relax, sorseggiando la mia calda tisana alle fragole e kiwi, ragionavo su come nascono le idee per scrivere un racconto.
So bene che riempire un foglio bianco non è una cosa facile.



“Ho bisogno di essere in una qualche forma di veicolo per avere un’idea decente" ha dichiarato in un'intervista J. K. Rowling, autrice della saga best seller di Harry Potter.
Così c'è chi è ispirato da un bel paesaggio, chi dal silenzio, chi dal movimento.
Personalmente, le mie "idee decenti" nascono quando mi trovo a letto. Prima di addormentarmi, socchiudo gli occhi e inizio ad immaginare e, a volte, nel silenzio della casa che già dorme, riesco a prendere i primi appunti, facendo luce con la mia piccola torcia.

E voi? sono molto curiosa di sapere dove nascono le vostre idee? Se volete condividere con me la vostra esperienza scrivete un commento qui sotto...

E, così, ripensavo alle ultime idee che ho condiviso con Greta.
Si, con Greta!! Perché la settimana scorsa ho conosciuto personalmente la nostra amica Greta. Non potevo concludere il mio breve week end a Milano senza conoscere Greta, che stimo tantissimo!!!  E' stato davvero un incontro emozionante che entrambe attendevamo da giorni. Ho avuto la conferma del fatto che Greta è una gran chiacchierona e possiede un gran talento!!!
Greta mi raccontava delle sue esperienze a scuola, mi parlava dei suoi compagni e, lentamente,  è arrivata l'ispirazione per un nuovo racconto. Ci siamo ritrovate a parlare di un libro magico, di un'eredità, di parole scritte al contrario e di folletti...
Nulla è più entusiasmante di costruire un racconto dialogando con una persona che ha la tua stessa passione!! Provare...per credere!!!!

Dalle prime idee che sono nate quel sabato a Milano abbiamo deciso di scrivere un racconto genere fantasy. A breve pubblicherò la traccia iniziale. Poi, per andare avanti,avrò bisogno anche dell'aiuto di voi, giovani scrittori. Dovremo RACCONTARE INSIEME il nostro fantasy!!!! Ma prima di affrontare questa nuova avventura ho bisogno di sapere che ci siete, lasciate un vostro commento qui sotto.



P.S. se siete solo lettori occasionali del blog ma volete partecipare alla realizzazione del nuovo racconto registratevi come lettori fissi cliccando sulla barra azzurra che trovate sulla parte destra della pagina (UNISCITI A QUESTO BLOG).  Ricordate che potete registrarvi tramite un account già esistente Google, twitter,  o Yahoo . Se non doveste avere un account potete crearne uno nuovo cliccando su  "crea un nuovo account Google" nella stessa pagina della registrazione.... E' facile, basta creare una password!!!Ricordate di chiedere sempre il permesso ai vostri genitori!!!!

A presto, io vi aspetto ;-)

domenica 26 ottobre 2014

HALLOWEEN, CHE PAURA!!!!!









Uno sfondo inquietante. Domina il vecchio sul nuovo.  Vecchie le case, vecchi i ricordi; anziani.. e non vecchi, gli abitanti.
Ma forse c'è anche del nuovo nel bosco buio?
Forse qualcosa che prima non c'era, adesso, abita tra gli alberi maestosi nel bosco di Crossell?

Proviamo a costruire un bel racconto di paura. Si avvicina Halloween e ci sentiamo un po' vampiri, fantasmi o diavoletti?? e se fossimo un vampiro o un fantasma nascosto nel bosco di Crossell??

Continua tu, si, dico proprio a te!!!!!! Aiutaci a costruire la più bella storia di Halloween.... continua nei commenti la storia che ho iniziato..







In qualche parte del bosco che circondava le poche case abitate della città di Crossell , si sospettava che qualcuno, o qualcosa, da qualche giorno tramasse qualcosa di losco. Gli abitanti, da dietro i vetri resi opachi dal tempo trascorso, spiavano a luci spente, per cogliere un minimo segno di presenza di losche figure. Ma nulla si muoveva.. eppure  qualcosa si sentiva.
Le vecchie case della città di Crossell erano abitate dagli anziani, un tempo lavoratori nelle miniere ormai chiuse. Con le loro famiglie avevano deciso di non abbandonare quella città piena di vecchi ricordi. Così, mentre i giovani, raggiunta l'età dell'indipendenza, lasciavano le proprie famiglie per recarsi nelle grandi città, al contrario le donne e gli uomini acciaccati dall'età avanzata, restavano ancorati ai propri oggetti e alle proprie case. Nella Città ormai rimaneva ben poco dei tempi d'oro che furono. Le cene organizzate dalle donne robuste in occasione del rientro dei mariti dal duro lavoro nella miniera avevano lasciato il posto ai brevi pasti silenziosi delle anziane coppie.  E, ancora, come una volta di casa in casa si  diffondevano  gli eroici racconti dei mariti adesso echeggiavano solo racconti di paura e sospetti. 
 
Una notte, era una notte buia ma non troppo. La luna a tre quarti illuminava con la sua luce debole ogni cosa. Anche le nuvole facevano la loro parte. E la luce andava e veniva e occhietti vispi e sinistri si vedevano e non si vedevano. Erano gli animali del bosco o era qualcosa di cui avere paura?

Quella stessa notte tutti gli abitanti della città con in testa le torce che una volta erano servite per illuminare le miniere andarono in perlustrazione in quei luoghi silenziosi. Si cercavano tracce, impronte o .............

venerdì 13 giugno 2014

La farfalla ed il suo viaggio

Una nuova storia sta nascendo! L'idea parte dal cuore e coinvolge tutti i sensi prima di diventare racconto.  
Camminando per strada ho visto una farfallina sull'asfalto.. (mi piace pensare che stesse dormendo......) Era dritta, aveva le ali chiuse come le pagine di un libro e un vento fresco la faceva ondeggiare a destra e a sinistra. Anche con le ali chiuse riusciva a mantenere quella grazia e quella leggerezza che è tipica delle farfalle! Se solo sapessi disegnare.....
 
Mi sono chiesta cosa poteva fare in quel luogo una farfalla; ho iniziato a immaginare la "montagna delle farfalle", un viaggio verso una mèta, la loro breve vita sulla terra e ho iniziato a buttare giù una bozza del nuovo racconto "LA FARFALLA ED IL SUO VIAGGIO"!
Se qualcuno volesse, potrebbe raccontarci un qualcosa sulle farfalle: che sia esperienza di vita vera, che sia filastrocca, che sia un semplice pensiero afferrato al volo prima che svanisca..........................
 
p.s. intanto, a chi fosse interessato,  offro questa piccola notizia sulla vita delle farfalle....un po' di sapere che fa il giro del mondo:
 "Le farfalle vivono in media un mese, ma alcune specie muoiono solo dopo poche ore, mentre altre sfiorano l'anno di vita. Le farfalle monarca, che vivono tra Stati Uniti e Messico e compiono migrazioni di migliaia di chilometri, possono vivere da due settimane a otto mesi. In Costa Rica ci sono farfalle che non vivono più di due giorni, mentre la Vanessa antiopa può arrivare a sfiorare l'anno di vita. Il record di longevità appartiene ad una falena, che si nutre di una pianta chiamata Yucca baccata: la sua pupa può vivere fino a 30 anni prima di emergere come adulto"........
 
 

lunedì 2 giugno 2014

I fruttini litigiosi......



Martina la susina e Ceci l’arancia vivevano vicine ma litigavano fin da quando erano piccine. Martina diceva “io sono chiara e succosa” e Ceci rispondeva “io sono dolce e gustosa”. Non poco lontano da lì anche Matty l’albicocca e Alessandra la ciliegia discutevano tra loro. Matty gridava a gran voce “io sono dolce come una caramella”  e Alessandra replicava “io sono bella come una perla”.
Da lontano, infastiditi, i fichi imploravano perché quelle chiacchierone la smettessero di litigare. “Basta voi, piantatela di urlare… Quest’orto è diventato peggio di un mercato!!!” Ma quelle continuavano tutto il giorno a disturbare.
Soltanto quando si avvicinava nonno Pino, tutte serie, si zittivano e si mettevano in posa. Nonno Pino amava curare quelle che chiamava “le mie creature”. Le ammirava tutti i giorni riempiendole di tanti complimenti e le chiamava per nome perché le conosceva una per una…
Ma il caro nonnino un giorno si ammalò di un brutto raffreddore nonostante la primavera fosse già inoltrata. Etciù, etciù – continuava a starnutire il nostro nonnino mentre, rattristato, guardava fuori dalla finestra. Guardava i suoi alberi ormai carichi di frutta e si amareggiava perché, così raffreddato com’era, non poteva certo uscire e prendersi cura di loro. Come se non bastasse un forte e caldo vento di scirocco si abbatté improvvisamente sul piccolo orticello. Tanti piccoli frutti caddero dagli alberi e mille foglie iniziarono a svolazzare di qua e di la. Quando il vento fu cessato, in gran quantità le foglie si raccolsero proprio sull’erogatore dell’acqua da dove ogni mattina fresche gocce dissetavano i frutti. Fu così che i nostri cari frutti dispettosi e litigiosi rimasero senz’acqua. Non avendo più forze per litigare zitti zitti si guardavano l’un l’altro in attesa che dal cielo cadesse un po’ di pioggia.
Nel frattempo, i fichi, per nulla contenti di quell’improvviso silenzio cercavano di rassicurare le piccole amichette. “state tranquille, piccoline, vedrete che ce la faremo; il nostro nonnino non ci può abbandonare”. Ma nonno Pino non si vedeva ormai da giorni.
Fu Ceci l’arancia che per prima espresse il suo pensiero: “care mie –disse- qui rischiamo di seccare tutte quante, bisogna fare qualcosa!  Questa notte mi è venuta un’idea: fra tutti noi frutti io sono la più succosa, disse mentre Martina la susina la guardava senza replicare come era solita fare, e credo che se riuscissi a fare arrivare il mio succo fino a voi potrei rinfrescarvi almeno un po’”. Martina la susina capì quel che voleva dire la sua nemica di sempre. Lei voleva sacrificarsi per dar da bere a tutte loro, persino a lei che l’aveva sempre insultata. Non si era accorta, prima d’ora, quanto bene le volesse quell’arancia dispettosa. E rattristata le rispose “ proprio tu non puoi morire; il tuo succo è prezioso, contiene le vitamine che fanno bene a tutti i bambini. Tienilo per te il tuo succo, tu hai bisogno di crescere per rendere abbondanti le spremute per i bimbi”. Ma neanche finì di pronunciare quelle parole che Ceci l’arancia si gonfiò  sempre più e per poco non scoppiava davvero. “Presuntuosa che non sei altro!“ gridò Martina la susina con una lacrimuccia sopra il viso “puoi darmi almeno il tempo di gonfiarmi come te  e insieme forse ce la faremo”. E anche lei cominciò a gonfiarsi sempre più. Insieme divennero rosse rosse ma non arrivarono a scoppiare. Stanche per quell’enorme sforzo e rosse per la vergogna e per la fatica si nascosero dietro gli altri frutti e da allora non dissero più una parola.
Nel frattempo, con gli occhi bassi per la tristezza Matty l’albicocca fu la prima ad accorgersi che la colpa di quel grosso guaio non era l’assenza di nonno Pino ma delle foglie che, senza pensare, erano andate proprio a posarsi sul buco del tubo da cui usciva l’acqua. Matty iniziò a chiamare le foglie ma quelle non riuscivano a sentirla. Allora ebbe un’idea. Chiamò Alessandra la ciliegia e le disse: ”le nostre care amiche Ceci l’arancia e Martina la susina si sono sacrificate per la nostra vita e poco c’è mancato che morissero. Non possiamo rendere vano il loro sacrificio. Fino ad oggi ho passato la mia breve vita a farmi bella e non mi sono mai resa conto di quanto bene si possa stare quando si è belli dentro. Ho conosciuto l’amore e la pazienza di nonno Pino e oggi ho scoperto che l’arancia e la susina non hanno esitato neanche un attimo a sacrificare le proprie vite per aiutare gli altri frutti. Nonostante sia stata sempre a litigare con te io sono felice della vita che ho vissuto quassù ma adesso devo fare anche io la mia parte. Mi staccherò dal mio picciolo e farò un salto tanto lungo da cadere proprio sulle foglie e liberare il tubo”. Alessandra la ciliegia non credeva alle sue orecchie. Aveva sempre pensato a Matty l’albicocca come ad una presuntuosa senza cuore.
Rassegnatasi alla decisione presa dall’amica le disse un timido “grazie, mi ricorderò per sempre di te e se mi chiederanno “chi è quel frutto che ha aiutato tutti gli altri? io dirò: “la mia amica albicocca che aveva un grande cuore!”. Così Matty l’albicocca con un’agilità mai dimostrata si lanciò verso il basso ma, poveretta, con un PLOP cadde poco sotto il suo alberello e si mise a rotolare per un breve tratto rimanendo ben lontana dalle colpevoli foglie. Poi, un po’ ammaccata, Matty l’albicocca, guardò verso l’alto la sua amica ciliegia, delusa da se stessa ma certa che quella fosse la strada giusta. Rivolta a lei disse: ”adesso  solo tu ci puoi salvare, devi fare come me, devi saltare!” Ma Alessandra la ciliegia era così paurosa che mai avrebbe avuto il coraggio di buttarsi da lassù e imitare la sua amica coraggiosa. Si guardò intorno e vide che tutti i frutti avevano gli occhietti rivolti verso di lei. Persino Gianni il fico le faceva l’occhiolino dimostrando per lei una certa simpatia.
Fino a quando una vocina timida e piccina la chiamò. La ciliegia si voltò e vide sua cugina la ciliegia, ancora poco matura e raggrinzita che le disse “se tu non vai io morirò, mi sto asciugando giorno dopo giorno. Se è proprio necessario salterò con te, ci daremo la manina, tu chiuderai gli occhi  e io ti guiderò”. Alessandra la ciliegia ribattè aspramente: “ma come puoi credere che noi così piccoline ce la faremo: siamo troppo leggere per cadere tanto lontano” .
In quel momento un uccellino che dal suo nido aveva osservato tutta la storia si intromise per mettere fine a quella triste vicenda. “Adesso basta Alessandra devi trovare il coraggio di saltare. Sei piccolina ma molto in gamba” e un coro di consenso si levò dai frutti che avevano una gran fiducia nella rossa ciliegina impaurita.
L’uccellino aggiunse, “come sai ho un’ala spezzata altrimenti sarei già andato io laggiù a liberare il tubo. Ma se dovesse essere necessario non esiterò”. Alessandra la ciliegia adesso aveva solo due possibilità: o trovare il coraggio di saltare - dopotutto anche se non fosse riuscita a liberare il tubo avrebbe però avuto più stima di sé- oppure restare attaccata al suo ramo e sentire per sempre il peso della sua vigliaccheria.  Dopo qualche istante prese la sua decisione e disse “Aspetta, aspetta, uccellino, sono pronta a fare la mia parte! Ma non voglio andare sola”, e rivolta verso sua cugina ciliegina le chiese se era ancora disposta ad andare con lei. La ciliegia raggrinzita era certo pronta a saltare, dopotutto sarebbe rimasta a maturare sul terreno e nonno Pino l’avrebbe raccolta e amata anche se fosse rimasta piccolina e un po’ ammaccata.
Così l’uccellino prese le due ciliegie dal picciolo, le legò fra di loro e disse: “vi farò dondolare avanti e indietro, conterò fino a tre e poi vi lascerò andare. Buona fortuna piccole amiche”.
Così iniziò a far dondolare le nostre ciliegine e persino Alessandra la ciliegia poco coraggiosa, iniziava a divertirsi dimenticando la sua missione. Insieme agli altri frutti iniziò la conta: UNO, DUE, TREEE  e Alessandra la ciliegia contava pure lei con gli occhi chiusi stringendo la manina alla sua cuginetta fino a quando con lei atterrò su un terreno morbido di foglie. Prima di aprire gli occhi uno spruzzo di acqua fresca la inondò e un applauso dall’orticello si levò. L’uccellino iniziò un bel canto melodioso che attirò nonno Pino che nel frattempo era guarito. Arrivò il brav’uomo e chinatosi a raccogliere i frutti caduti a terra e ancora non maturi li abbracciò e a loro disse le seguenti parole: “siete acerbe ma pur sempre tutte belle” e con l’amore del suo cuore le pulì una per una e le adagiò sopra un bel cesto. Mentre a casa le portava a gran voce un coro si avvertì: “Grazie ancora ad Alessandra la ciliegia che insieme a Martina la susina, Matty l’ albicocca e a Ceci l’arancia ha dato un bell’esempio di amore e gran coraggio!”


giovedì 15 maggio 2014

Il vecchio leone

In un caldo pomeriggio d'estate mi ritrovai a vagare con la fantasia in luoghi sperduti alla ricerca di un nuovo personaggio per il mio nuovo racconto.
Attraversai i cieli ma gli uccellini riposavano nei loro nidi e non avevano voglia di ispirare i miei racconti; attraversai il mare ma trovai solo pesci intenti a sfuggire ad un grosso amo e non avevano tempo per ascoltarmi. Mi ritrovai persino in una grande città piena di monumenti ma fastidiose mosche mi ronzavano intorno e non mi consentivano di concentrarmi.
Così decisi di andare lontano, ma tanto lontano. Sapete dove?
Mi ritrovai in una grande foresta africana a due passi dal più temibile degli animali. Il re della foresta. Avevo davanti a me un bellissimo esemplare di leone africano.....o per meglio dire quello che un tempo doveva essere stato un bellissimo esemplare di leone.
Adesso se ne stava mogio mogio a sonnecchiare, ogni tanto apriva un occhio per guardarmi e con un breve lamento, ben lontano dal feroce ruggito cui siamo abituati a pensare quando si parla di leone, pensava persino di farmi paura.


LA STORIA CONTINUA...... O POTRESTI CONTINUARLA TU SE VUOI!!!!!!!

SCRIVI LA TUA STORIA DEL LEONE TRA I COMMENTI E FALLA DIVENTARE LA NOSTRA STORIA.....

mercoledì 14 maggio 2014

Torna: "inventiamo una storia..."








Ciao ragazze!!!!Ieri le mie bimbe mi hanno fatto fare un gioco: hanno scritto su dei foglietti alcuni nomi di personaggi. Poi ad occhi chiusi ognuno di noi ne ha scelto uno. Io ho estratto il foglio con su scritto:"FATA";  Ale quello con scritto: "BABY SITTER"; Marty quello con scritto:"PRINCIPESSA" e papà quello con scritto:"LADRO". Poi ognuno ha impersonato il suo ruolo e siamo diventati attori per un pomeriggio!!!! Ne è venuta fuori una bella scenetta nella quale il ladro vuole rubare il bracciale alla piccola principessa allora la baby sitter chiama in aiuto una sua amica fata che trasforma il ladro in un ranocchio!!!!! CHE DIVERTIMENTO....
Allora mi sono detta: perchè non facciamo lo stesso gioco io e le mie amiche del blog? Così ho pensato di scegliere qualche personaggio e inventare insieme una storia che ha come protagonisti questi personaggi:

- MERCANTE
- CANE
- MANTELLO
- RAGAZZO
- CORONA
- REGINA

Ci riusciremo????? Vediamo chi comincia!!!!!  Wao , già mi diverto solo a immaginarvi mentre vi concentrate con le faccine serie!!!! Buon divertimento

INIZIO IO:


Ricordate la favola della lampada di Aladino? Quella in cui bastava strofinare la lampada magica e usciva il mago per esaudire i desideri del suo padrone? Ecco, è proprio da questa favola che voglio prendere spunto per questo nuovo racconto.

Ci troviamo in una di quelle stradine strette di una cittadina araba. Al mattino presto già si confondono i colori e gli odori dei mille prodotti esposti nelle bancarelle ambulanti e provenienti da chissà quale paese straniero. Basta voltare ogni angolo della strada e a gomitate farsi avanti tra la folla per acquistare un po’ di frutta, o qualche spezia profumata o qualche stoffa proveniente dall’Oriente.
Immaginate che, seduto sui gradini di una casa dalle mura bianche ci sia un bambino di quelli che a guardarlo già si capisce che si tratta di un tipetto scaltro. Sarà per i capelli arruffati e disordinati, sarà per lo sguardo sveglio o per il corpo esile e snodato nei movimenti.

Ora immaginate che ogni mattina questo giovanotto si diverta a rubacchiare dai banconi oggetti di tutti i tipi per poi rivenderli ai compagni a caro prezzo .

Infine immaginate che un bel giorno caldo e afoso lo sguardo del ragazzo incontri quello attento e sconosciuto di un mercante mai visto prima in quella città. E’ un incontro di sguardi rapido ma intenso. Tra la folla i neri occhi del ragazzo incontrano per un breve istante quelli azzurri, indimenticabili, del forestiero. Il ragazzo rimane attratto e allo stesso tempo turbato dalla presenza di quell’uomo sconosciuto che, improvvisamente, sparisce con la stessa rapidità con la quale era comparso.
Passa qualche giorno e sotto un turbante colorato con le sfumature del colore arancione il ragazzo riconosce gli stessi occhi azzurri di quello strano individuo. Lo vede da lontano mentre scambia una valigia scura con altri due individui....


CONTINUATE VOI....

COSA POTREBBE ESSERCI NELLA VALIGIA???

COME POTRA' IL RAGAZZO RUBARE LA VALIGIA SENZA ESSERE VISTO??

OPPURE SARA' SCOPERTO MENTRE TENTA DI RUBARLA E INIZIERA' UN FOLLE INSEGUIMENTO????

- MANCANO ANCORA LE PAROLE "REGINA, CORONA, MANTELLO, CANE"

lunedì 5 maggio 2014

e la storia di Greta continua...........

Con un giorno di ritardo vi racconto un possibile finale per la storia che Greta ha condiviso con noi nel post GRETA RACCONTA...... E' la parte scritta in rosso e anche voi, se vorrete, potrete creare il vostro finale inserendolo nei commenti...

Una notte mentre la signora Sporcelli dormiva,il marito si alzò furtivamente dal letto,portò il bastone da passeggio della moglie nella sua stanza di lavoro e ,incollò un minuscolo tondino di legno sotto la punta del bastone.
In questo modo il bastone diventó più lungo ,ma di poco e,la mattina seguente la signora Maria Sporcelli non se ne accorse.
La notte dopo il signor Artemio Sporcelli incollò un altro minuscolo tondino di legno sotto il bastone.Ogni notte aggiungeva un tondino all'estremitá del bastone e,lentissimamente il bastone della signora Maria diventó sempre piú lungo.
-Quel bastone è troppo lungo per te-le disse un giorno il signor Artemio.
-È vero!!!Deve essersi allungato all'improvviso-disse la signora Maria
-Non dire idiozie!!!!-ribattè il signor Artemio Sporcelli.-Un bastone non si puó allungare!!È fatto in legno secco,no?Il legno secco non può crescere!!!!
-E allora cos'è successo ??- domandò la Signora Sporcelli.
-Non è il bastone ,sei tu che ti stai accorciando!-disse il signor sporcelki ghignando orribilmente.
-No!Non é vero!Non è possibile!!-esclamó Maria Sporcelli.
-Arcipossibile!!!Stai rimpicciolendo rapidamente!!!Ti stai restringendo ad una velocitá pericolosa!!Hai la restringite,ecco che cos'hai !!!La famigerata restringite!!!-
La signora sporcelli si sedette.
Allora il signor Artemio le puntó un dito contro e le gridó:-Lo vedi?!?Sei seduta sulla tua vecchia poltrona e sei talmente rimpicciolita che i tuoi piedi non toccano nemmeno terra!!
La signora Maria si guardò i piedi:il marito aveva ragione!non toccava nemmeno terra!!
Dovete sapere che il signor Artemio oltre ad aggiungere un tondino al bastone faceva altrettanto con la poltrona di sua moglie .
-Naturalmente sai cosa succede quando si ha la restringite?? -disse Artemio
-Che cosa??-chiese la signora Maria terrorizzata
-La testa si restringe e entra nel collo,il collo si restringe e rientra nel busto,il busto si restringe e rientra nelle gambe,le gambe si restringono e rientrano nei piedi.E alla fine della persona non rimangono altre che un paio di scarpe e dei vecchi vestiti che non servono piú a nulla.
-Quanto mi rimane prima di ridurmi a un fagotto di stracci e a un psio di vecchie scarpe??-gemette Maria Sporcelli
Il signor Sporcelli assunse un'aria molto solenne .-A questa velocitá-disse scuotendo tristemente il capo,-direi non piú di dieci o undici giorni.
-Ma non c'é alcun rimedio??Sono disposta a tutto.-gridó maria.
-C'è una sola cura per la restringite:bisogna stirarti!-sestenziò il signor Artemio.FINE
Tratto da GLI SPORCELLI di ROALD DAHL

""
La povera signora Maria il giorno dopo iniziò a guardarsi allo specchio dalla  testa ai piedi.. ”com’è possibile che sono affetta da restringite?? Se così fosse  la mia gonna arriverebbe fino a terra- pensava- Stanno già trascorrendo dieci giorni da quando mio marito ha iniziato a parlarmi della mia malattia ma i miei vestiti mi vengono allo stesso modo di prima.

-vuoi vedere che questo è uno degli stupidi scherzi di mio marito?-

 L’ultima volta mi aveva promesso che non  si sarebbe più preso gioco di me e invece sono caduta un’altra volta nella sua trappola.

-Questa volta gliela faccio pagare cara e gli farò togliere il vizio per sempre-.

Così l’astuta signora Sporcelli pensò a quale potesse essere la cosa alla quale il marito poteva tenere di più: senza dubbio il cibo- si disse. E iniziò a cucinargli porzioni sempre più ridotte di minestra e secondi piatti. Il malvagio Mario dapprima non si accorse che il suo piatto era meno pieno del solito ma quando iniziò ad alzarsi da tavola ancora affamato si preoccupò un tantino.

- E’ mai possibile che io abbia tanta fame? Può essere che mi sto ammalando? –

Per di più la bilancia segnava ogni giorno qualche etto in meno e il povero  signor Mario iniziò a preoccuparsi e a non dormire la notte.

La signora Porcelli, che malvagia non era, si accorse che il marito era alquanto preoccupato e decise di porre fine a quello sciocco ma utile scherzo.

Una sera pose sulla tavola ben apparecchiata un vassoio pieno di gustoso tacchino fumante con croccanti patatine ma al marito riservò solo una porzioncina  che sarebbe andata bene solo per un gattino.

Con gli occhi stravolti per la fame e con un filo di voce il signor Mario non credeva a quello che vedeva e disse: “ Maria, perché non ho la mia solita porzione abbondante? Sto morendo di fame….. e il mio piatto è già vuoto prima di iniziare a mangiare.-

-          Oh mio povero Artemio-disse la signora Sporcelli- vuoi vedere che anche questo è un effetto della mia devastante malattia?

-          Quale malattia?- chiese Artemio, avendo ormai dimenticato di portare avanti il suo scherzo cattivo.

-          Ma la restringite, no???

Il povero Artemio non ebbe neanche la forza di replicare e con gli occhi bassi mangiò la sua piccola porzione di tacchino in un solo secondo. Poi la moglie gli si avvicinò facendogli una carezza e gli disse “CHI LA FA L’ASPETTI, caro Artemio, ADESSO LA SMETTERAI DI PRENDERMI SEMPRE IN GIRO? E con amore gli riempì il piatto come faceva prima.

Da quel giorno il signore e la signora Sporcelli andarono d’amore e d’accordo!!!!!!!!



mercoledì 30 aprile 2014

Greta racconta:

Volevo scriverti questa storia anche se nn centra con il concorso:
IL BaSTONE DELLA SIGNORA SPORCELLI:
Una notte mentre la signora Sporcelli dormiva,il marito si alzò furtivamente dal letto,portò il bastone da passeggio della moglie nella sua stanza di lavoro e ,incollò un minuscolo tondino di legno sotto la punta del bastone.
In questo modo il bastone diventó più lungo ,ma di poco e,la mattina seguente la signora Maria Sporcelli non se ne accorse.
La notte dopo il signor Artemio Sporcelli incollò un altro minuscolo tondino di legno sotto il bastone.Ogni notte aggiungeva un tondino all'estremitá del bastone e,lentissimamente il bastone della signora Maria diventó sempre piú lungo.
-Quel bastone è troppo lungo per te-le disse un giorno il signor Artemio.
-È vero!!!Deve essersi allungato all'improvviso-disse la signora Maria
-Non dire idiozie!!!!-ribattè il signor Artemio Sporcelli.-Un bastone non si puó allungare!!È fatto in legno secco,no?Il legno secco non può crescere!!!!
-E allora cos'è successo ??- domandò la Signora Sporcelli.
-Non è il bastone ,sei tu che ti stai accorciando!-disse il signor sporcelki ghignando orribilmente.
-No!Non é vero!Non è possibile!!-esclamó Maria Sporcelli.
-Arcipossibile!!!Stai rimpicciolendo rapidamente!!!Ti stai restringendo ad una velocitá pericolosa!!Hai la restringite,ecco che cos'hai !!!La famigerata restringite!!!-
La signora sporcelli si sedette.
Allora il signor Artemio le puntó un dito contro e le gridó:-Lo vedi?!?Sei seduta sulla tua vecchia poltrona e sei talmente rimpicciolita che i tuoi piedi non toccano nemmeno terra!!
La signora Maria si guardò i piedi:il marito aveva ragione!non toccava nemmeno terra!!
Dovete sapere che il signor Artemio oltre ad aggiungere un tondino al bastone faceva altrettanto con la poltrona di sua moglie .
-Naturalmente sai cosa succede quando si ha la restringite?? -disse Artemio
-Che cosa??-chiese la signora Maria terrorizzata
-La testa si restringe e entra nel collo,il collo si restringe e rientra nel busto,il busto si restringe e rientra nelle gambe,le gambe si restringono e rientrano nei piedi.E alla fine della persona non rimangono altre che un paio di scarpe e dei vecchi vestiti che non servono piú a nulla.
-Quanto mi rimane prima di ridurmi a un fagotto di stracci e a un psio di vecchie scarpe??-gemette Maria Sporcelli
Il signor Sporcelli assunse un'aria molto solenne .-A questa velocitá-disse scuotendo tristemente il capo,-direi non piú di dieci o undici giorni.
-Ma non c'é alcun rimedio??Sono disposta a tutto.-gridó maria.
-C'è una sola cura per la restringite:bisogna stirarti!-sestenziò il signor Artemio.FINE
Tratto da GLI SPORCELLI di ROALD DAHL
Spero vi piaccia

giovedì 3 aprile 2014

Il primo concorso a premi

Ciao a tutti, amici!!!!!!!!!! La scorsa settimana Greta ha voluto condividere con noi la storia "ANDREA ORECCHIE A ROVESCIO" e  dopo averla letta mi è venuta in mente un'idea. Che ne dite del primo concorso a premi di RACCONTIAMO INSIEME????
Vi copio il testo che Greta ha inserito come commento nel post "la sfida", così potete leggerlo senza bisogno di navigare nel blog. Poi vi propongo, prendendo spunto dal racconto di Greta, di scrivere un'altra storia che abbia come protagonista un altro bambino al quale, alla nascita, l'occhio destro è andato al posto di quello sinistro.... Che ne pensate????? A chi scriverà la storia più originale andrà il premio che, ovviamente, consisterà in un bel libro!!!!!!!!!!!! Avrete tempo fino alla fine di Aprile per completare il vostro racconto, così potrete sfruttare le vacanze di Pasqua per trovare un po' di tempo da dedicare al concorso. Il I^ Maggio io leggerò le storie che mi avrete mandato ed entro pochi giorni deciderò qual è la storia vincitrice.
Ci vuole tanta fantasia per immaginare le avventure di un bambino del genere, ma è proprio dalle idee più pazze che vengono fuori le storie più originali, non è così???  BUON DIVERTIMENTO

P.S. le vostre storie potrete inserirle direttamente come commento a questo post  oppure inviarle direttamente al mio indirizzo e-mail laura.ram@hotmail.it.


ANDREA ORECCHIE A ROVESCIO


C'era una volta un bambino di nome andrea che non era sordo,forse alla nascita l'orecchio sinistro gli era andato al posto di quello destro e viceversa,fatto sta che sentiva al contrario .

Se la mamma gli diceva di stare fermo lui si alzava e andava a correre ,era chiaro che riceveva ceffoni su ceffoni,quando arrivò il momento di andare a scuola fu ancora peggio:se il maestro diceva fate una sottrazzione lui faceva un addizione se gli diceva di scrivere cancellava e cosi veniva bocciato fu mandato in un'officina a lavorare a 17 poiche aveva fatto 12 anni in prima elementare ,ma fu ancora peggio.
se il suo capo gli diceva di avvitare un vite lui la svitava e cosi fu licenziato .
una volta che stava andando al supermercato si fermo a un blocco di controllo della velocita e ,quando la guardia gli ordinò di fermarsi Andrea per poco non la investì.
fu portato in tribunale e ,quando il giudice gli chiese se era colpevole Andrea rispose prontamente :"si certo!" il giudice chiese anche ad Andrea se voleva essere liberato e lui rispose:"no,affatto!",il giudice si arrabbiò pensando che era pure strafottente e lo condannò a 5 anni di prigione allora andrea disse al giudice:"signor giudice è molto gentile a lasciarmi libero!"e detto questo si avviò camminando verso casa ma quando vide che le guardie lo inseguivano iniziò a correre e da allora lo stanno ancora rincorrendo e ,quando Andrea si ferma a prendere fiato si dice fra se e se chissa cosa ho fatto di male !non sono mica sordo io!!!!!!!!!!!

FINE




venerdì 21 marzo 2014

Le Nuvolette


 

Qualche tempo fa papà Sole e mamma Luna si ritrovarono a discutere su chi doveva stare sveglio di giorno e chi di notte.

Mamma Luna, infatti, avrebbe voluto restare sveglia di giorno per giocare con le sue figliolette Nuvolette. Papà Sole, invece, avrebbe voluto restare sveglio di notte per insegnare ai suoi figlioletti, piccoli astri, a danzare ordinatamente nel cielo.

Così per qualche giorno la Luna splendette di giorno e il sole di notte.

Ma la luce che la Luna emanava era talmente fioca che sulla Terra la gente iniziò a lamentarsi. Allo stesso modo, la notte, la luce di papà Sole era talmente forte che nessuno riusciva più a prendere sonno. E quando i bambini iniziarono ad addormentarsi durante il giorno sui banchi di scuola, i genitori infuriati iniziarono a perdere la testa.

Papà Sole e mamma Luna capirono che bisognava riportare le cose come erano prima o sulla Terra ci sarebbe stata una vera rivoluzione.

Così mamma Luna tornò a vedersi solo di notte mentre, cullando le sue figliolette Nuvolette, con il suo chiarore assecondava il sonno dei bambini sulla Terra. Papà Sole dovette rinunciare all’idea di insegnare le buone maniere ai suoi figlioletti, piccoli astri, e quelli scappando di qua e di la riempirono disordinatamente tutto l’universo.
 
 
 

Per un po’ tutto sembrava andare per il verso giusto fino a quando le piccole Nuvolette, stanche  di non vedere mai la loro mamma durante il giorno si riunirono tutte vicine vicine  per trovare conforto e nere per la rabbia iniziarono a piangere. Sulla Terra le lacrime  delle Nuvolette arrivarono abbondanti e tiepide come quelle dei bambini cosicché tutti gli abitanti, con gli occhi rivolti verso l’alto, cominciarono a chiedersi come mai la pioggia durasse ormai da così tanti giorni e che cosa rendesse tanto tristi le nere Nuvolette.

Nel frattempo, lassù nel cielo, infuriato per il pianto delle nipotine, nonno Tuono si fece sentire. Rimbombando come nessuno lo aveva mai sentito le rimproverò aspramente per i loro capricci rattristandole ancor di più. Per il trambusto si svegliò persino nonna Fulmine. “Cos’è questo fracasso?” chiedeva. E le piccole raccontarono di quanto mancasse loro la mamma. Quando seppe tutta la storia nonna Fulmine illuminò a giorno la notte buia e subito le nipotine si dispersero sorridenti, rincorrendo mamma Luna che, illuminata da nonna Fulmine, si vedeva e non si vedeva.

Alla fine della notte la povera nonna era stanca di accendersi e spegnersi, tutto quel gioco le era costata enorme fatica così tornò a riposare mentre le Nuvolette si addormentarono quiete.

Il mattino seguente papà Sole svegliò tutti di buon’ora e le figlie Nuvolette accortesi che la mamma non era più lì chiamarono invano la nonna Fulmine e non trovando neanche lei ricominciarono a piangere disperate. Sulla Terra la cosa incuriosì di nuovo tutti gli abitanti che parlavano e riparlavano per capire come si potevano aiutare le piccole Nuvolette.

Un giorno la maestra di una classe di bambini che amava fare lezione all’aperto su un grande prato reso ormai inutilizzabile a causa delle numerose pozzanghere che si erano formate, chiese ai suoi alunni: “Qual è la cosa che vi rende felici quando siete tristi?”. La più sveglia delle alunne rispose: “correre su un prato colorato!”, il più discolo rispose “giocare con un pallone colorato” e la più piccolina rispose: ”indossare un abito colorato”. “Ecco cosa potrebbe far divertire le nostre amiche Nuvolette - disse la maestra - i colori!!” E propose ai suoi alunni di portare in classe, il giorno seguente, tutte le stoffe colorate che avessero trovato in casa, poi avrebbero scelto solo i sette colori più belli e con l’aiuto delle mamme avrebbero costruito una lunga striscia di colori.

Il giorno dopo, per nulla spaventati dalla pioggia, i bravi bambini portarono a scuola stoffe di tutti i tipi: lenzuola, magliette, fazzoletti… e fino a notte inoltrata la maestra insieme alle mamme cucì con pazienza tutti i pezzi tra loro, mentre i bambini si addormentarono sui cuscini disposti per l’occasione nella palestra della scuola, un po’ disturbati dall’ira di nonno Tuono che si fece sentire fino a notte fonda. La mattina seguente il lavoro era già completato: un rotolo enorme di stoffa era poggiato all’ingresso della scuola in attesa che tutti i bambini fossero svegli. Poi tutti riuniti sul prato bagnato, mentre le gocce di pioggia cadevano leggere come piume, i bambini con l’aiuto dei genitori iniziarono a distendere la striscia colorata. Era uno spettacolo formidabile. I sette colori scelti dalla maestra erano il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu, l’ indaco e il violetto. La striscia colorata ricopriva in lunghezza tutto il prato accanto ai banchi dei bambini e dall’alto le Nuvolette rimasero abbagliate da quei colori così intensi. Improvvisamente, la pioggia che era scesa abbondante nei giorni scorsi iniziò a diminuire d’intensità, le Nuvolette divennero grigie e il cielo nero si schiarì.

Papà Sole incuriosito dall’improvviso silenzio delle sue figliolette si fece largo tra di loro e guardando verso giù si accorse da cosa erano tanto attirate le piccole Nuvolette. Una lunga striscia colorata? I colori attiravano e facevano rallegrare le sue figliolette? Come aveva fatto a non pensarci prima!!!! E con un gran sorriso soddisfatto allungò i suoi lunghi raggi fino a colpire ognuna delle piccole lacrime delle sue figliolette mentre cadevano sulla Terra. Questa volta l’effetto del riflesso dei suoi raggi sulle goccioline di pioggia lasciò senza parole gli abitanti della Terra che dal basso ammiravano quello spettacolo. Papà Sole era riuscito a riprodurre i sette colori che componevano la striscia distesa sul prato e, lentamente, le Nuvolette dimenticando il motivo della loro tristezza iniziarono a disperdersi nel cielo. Quando anche l’ultima smise di piangere i raggi di papà Sole non poterono più riflettersi sulle lacrime e l’effetto colorato svanì. Papà Sole rimase comunque a riscaldare i bambini rimasti bagnati e ad asciugare le pozzanghere sul prato dove i bambini si apprestavano ad organizzare un bel pic-nic.

Ecco perché, da quel giorno, ogni volta che c’è la pioggia e i raggi del Sole riescono a farsi spazio tra le nuvole, basta alzare lo sguardo verso l’alto e cercare la striscia di sette colori disposta a forma di arco, che quel bel giorno i bambini chiamarono ARCOBALENO.
Laura

martedì 11 marzo 2014

LA SFIDA

Ragazzi e ragazzi ... Bentornati nel mio blog!!!!

Oggi vi farò fare qualche risata con il racconto umoristico scritto da mia figlia e un disegno proprio su questa storia...

IL RACCONTO UMORISTICO
 
Il racconto umoristico è un testo narrativo che ha

lo scopo di divertire, far ridere.

Fare dell’umorismo non è facile; occorre usare

tecniche particolari come, ad esempio:


LA CARICATURA : esagerare in modo ridicolo e divertente le

caratteristiche fisiche e caratteriali

del personaggio.

AZIONI INASPETTATE: i personaggi fanno cose strane, assurde;

oppure

accadono cose strane.
SCHERZI,EQUIVOCI:i personaggi non riescono a capirsi

chiaramente.

GIOCHI DI PAROLE: usare espressioni iperboliche (esagerate),

metafore, battute umoristiche, parole

dialettali.
BARZELLETTE
 
Al ristorante Roberto, vedendo il cameriere zoppicare, chiede

premuroso:

-Avete i calli?

-Attenda un momento che vado a chiedere al cuoco.

Adriana entra in una merceria:

-Vorrei un merletto!

-Merletti non ne ho, signora, le va bene un passerotto?

-Vorrei un paio di calzoni – chiede il taglialegna al commesso di

abbigliamento.

-Che taglia?

-La legna!

-Papà, - chiede una bimba al babbo- perché le rane nuotano nello

stagno?

-Perché, povere come sono, non possono nuotare nell’oro.



STORIELLE

LA PIOGGIA DI PIOMBINO
 
Una volta a Piombino piovvero confetti. Venivano giù come chicchi di

grandine, ma erano di tutti i colori: verdi, viola, rosa, blu. Un

bambino si mise in bocca un chicco verde, tanto per provare, e trovò

che sapeva di menta. Un altro assaggiò un chicco rosa e sapeva di

fragola.

-Sono confetti! Sono confetti!

E via tutti per le strade a riempirsene le tasche. Ma non facevano in

tempo a raccoglierli, perché venivano giù fitti fitti.

La pioggia durò poco ma lasciò le strade coperte da un tappeto di

confetti profumati che scricchiolavano sotto i piedi. Gli scolari,

tornando da scuola, ne trovarono ancora da riempirsi le cartelle. Le

vecchiette ne avevano messi insieme dei bei fagottelli coi loro

fazzoletti da testa. Fu una grande giornata.

Anche adesso molta gente aspetta che dal cielo piovano confetti, ma

quella nuvola non è passata più né da Piombino né da Torino, e forse

non passerà nemmeno da Cremona.




FANTOZZI AL VEGLIONE
 
Anche Fantozzi ha partecipato all'ultima apertura di caccia. Non era

un appassionato, anzi non era mai stato a caccia in vita sua, ma il

suo collega di stanza Fracchia aveva tanto insistito che lui aveva

dovuto cedere. L'appuntamento era stato fissato a un'ora crudele, le 3

del mattino, al casello dell'autostrada. Le due utilitarie arrivarono

puntualissime. Da una uscì faticosamente Fracchia: berretto alla

Sherlock Holmes, gigantesco giaccone di velluto a coste, calzoni alla

zuava gonfi come palloni sonda, calze di lana, scarpe da tennis con

sopra galoches, un piccolo cane pechinese al guinzaglio e a tracolla

un vecchissimo fucile a tromba tipo brigante calabrese. Dall'altra

Fantozzi: berretto bianco da marinaio, tragico impermeabile stretto

in vita da cartucciera di mitragliatrice, residuato della 2° guerra

mondiale, calzoni di tela, piedi nudi, un guanto di lana, una fionda a

elastico rubata a qualche ragazzo e a guinzaglio sua moglie signora

Pina che nella notte aveva truccato alla meno peggio da bracco.

I due si salutarono e andarono con i “cani” al bar del casello

dell'autostrada per bere un caffè “corretto”. Il bar era gremito di

cacciatori armati fino ai denti: mitragliere, bombe a mano e armi per

la guerra batteriologica. Tutti guardavano con grande curiosità i

“cani” degli ultimi arrivati. Uno cercò di accarezzare la signora

Pina, ma poco mancò che questa ringhiando non gli staccasse un dito.



Ed ecco la bellissima storia di mia figlia...


"Per caso mi stai sfidando???  Pensi che non lo sappia fare???"
Dissi io con aria minacciosa e sicura.
Aspettate, dimenticavo: io sono il cagnolino Billi e vi racconterò perché ho detto questa frase...
Era una giornata calda, del resto come tutte le altre e come sempre ero al bar a prendere un drink con i miei amici Milù, Osvaldo, Pippo e Bau. Facevamo scommesse e gare in continuazione.
" Facciamo che chi arriva prima al parco  prende una ciotola di croccantini!!"
Io mangiavo solo carne rubata in carnezzeria ma ho sempre sognato di mangiare croccantini!!
Accettammo tutti la sfida.
Come al solito vinsi io... Ma poi proposi che chi avrebbe preso prima la palla ne avrebbe vinto un' altra. Pippo fece l' arbitro:" Osvaldo corre per prendere la palla, ma... guardate chi arriva, arriva Billi che lo supera prendendo la palla e i croccantini!!" diceva ridacchiando.
Mentre passeggiavo fiero tra la gente che mi reclamava, vidi un gatto che disse: "Visto che ti piace tanto fare le gare, perché non facciamo che chi salta su un muretto di 1 metro con sotto un fiume immenso vince e chi cade nel fiume perde!"
Io sicuro di vincere dissi:" Ma dai, tu sei solo un gatto!!" "Razzista" ribattè lui. "Per caso mi stai sfidando?? Pensi che non lo sappia fare???
Accettai la sfida ma alla fine caddi io nel fiume... Ricordo ancora la mia delusione...
"Ciao ciao" disse ridacchiando il gatto.



... e il suo super disegno...realizzato con internet che raffigura il cane nel lago ghiacciato!!!
 

martedì 18 febbraio 2014

CORTOMETRAGGI , CHE PASSIONE....

Ma quanto li adoro!!!!!!!!!! Li chiamano cortometraggi ma per me sono abbastanza lunghi per trasmettere qualcosa!! mi piace forse il fatto che mancano le parole, perché lasciano ancora più spazio all'immaginazione; oppure mi piace il fatto di racchiudere in pochi minuti un sogno e la sua realizzazione.... non lo so se per voi è pure così.....
LASCIATE IL VOSTRO COMMENTO e condividiamo attimi di sogni!!!!!!!!!!


http://www.youtube.com/watch?v=lIwGsc-dBlY

http://www.youtube.com/watch?v=YGeYCkqwuZU




http://www.edisproduction.de/2014/02/11/la-luna-a-pixar-short-film/


http://vimeo.com/28451748




Ma anche quelli con le parole son favolosi: c'è sempre la morale che aiuta  migliorare!!!!!!!


https://www.youtube.com/watch?v=CLx7XsuI3ik


quale vi piace di più?????

E per chi mastica un po' la lingua francese ecco il video ispirato ai popolari albi illustrati di Gabrielle

Vincent e sceneggiato da Daniel Pennac

http://cineuropa.org/ff.aspx?t=ffocusarticle&l=it&tid=2465&did=230084





domenica 2 febbraio 2014

I tre giorni della merla

Cari amici miei, avete mai sentito parlare dei tre giorni della merla???
Oppure, vi siete mai chiesti perché il merlo sia tutto nero e siano rari quelli bianchi???






Andiamo per ordine. I giorni della merla sono il 29, 30 e 31 gennaio.
Si dice che siano i giorni più freddi dell'anno!!! E in effetti persino da noi , in  Sicilia, è arrivato il freddo proprio in quei giorni: siamo passati da una temperatura di 15 gradi a circa 7 gradi. Certo per chi vive a Milano, come Greta, queste temperature sembreranno quasi da primavera ma per noi questo è già tanto, vero Marta????




Adesso vi racconto la storia del merlo bianco e della sua famiglia che un giorno di un triste e freddo inverno si ritrovarono senza cibo....






"Tanto, tanto tempo fa a Milano ci fu un inverno molto rigido.
La neve scendeva dal cielo e copriva tutta la città, le strade, i giardini.
Sotto la grondaia di un palazzo in Porta Nuova c’era il nido di una famigliola di merli, che a quel tempo avevano le piume bianche come la neve. C’era la mamma merla, il papà merlo e tre piccoli uccellini, nati dopo l’estate.
La famigliola soffriva il freddo e stentava a trovare qualche briciola di pane per sfamarsi, perché le poche briciole che cadevano in terra dalle tavole degli uomini venivano subito ricoperte dalla neve che scendeva dal cielo.
Dopo qualche giorno il papà merlo prese una decisione e disse alla moglie: “Qui non si trova nulla da mangiare, se continua così moriremo tutti di fame e di freddo. Ho un’idea, ti aiuterò a spostare il nido sul tetto del palazzo, a fianco a quel camino, così mentre aspettate il mio ritorno non avrete freddo. Io parto e vado a cercare il cibo dove la neve non è ancora arrivata”.
E così fu fatto: il nido fu messo vicino al camino e il papà partì. La mamma e i piccoli uccellini stavano tutto il giorno nel nido, scaldandosi tra loro e anche grazie al fumo che usciva tutto il giorno dal camino.
Dopo tre giorni il papà tornò a casa e quasi non riuscì più a riconoscere la sua famiglia! Il fumo nero che usciva dal camino aveva colorato di nero tutte le piume degli uccellini!
Per fortuna da quel giorno l’inverno divenne meno rigido e i merli riuscirono a trovare cibo sufficiente per arrivare alla primavera.
Da quel giorno però tutti i merli nascono con le piume nere e, per ricordare la famigliola di merli bianchi divenuti neri, gli ultimi tre giorni del mese di gennaio sono detti “I tre giorni della merla”."
http://www.filastrocche.it/contenuti/i-tre-giorni-della-merla/




PIACIUTA???????? Allora leggete anche questa:




"C’era una volta …
… prima che le leggi della natura fossero spiegate dagli scienziati a farla da padrone era il terribile Generale Inverno che mandava neve e gelo sull’intero globo terracqueo. Il suo potere era concentrato nei mesi di dicembre e gennaio mentre già in febbraio il vecchio Generale era influenzato dalla giovane primavera e si faceva più mite. Anche i mesi non erano uguali a quelli di oggi, infatti gennaio aveva solo 28 giorni e febbraio 31.
In uno di quei freddissimi mesi di gennaio la terra era ricoperta da una coltre bianca e anche i merli erano bianchi, ma proprio tutti bianchi tranne, come oggi,  il becco giallo.



Fu così che un anno il 28 gennaio i merli uscirono dai loro nidi contenti che il periodo per loro più difficile stesse per finire. Già si vedeva qualche filo d’erba spuntare da sotto la neve e sotto i primi pallidi raggi di sole cominciarono a prendersi giuoco del buon vecchio Generale Inverno. Soprattutto le merle femmine che, come nella gran parte delle specie animali, avevano la lingua più lunga inziarono a vantarsi dello scampato pericolo: “anche quest’anno ce l’abbiamo fatta”, “il Genarale inverno non fa più paura a nessuno”, “ha appena la forza di rinfrescare per un paio di mesi”, “domani sarà febbraio e il vecchio Generale non sarà più capace di fare niente”…
L’orgoglioso Generale tollerò per un po’, ma poi sentendosi sbeffeggiato da quegli insignificanti uccellini (al suo cospetto erano effettivamente piccoli e indifesi) montò su tutte le furie e sbottò: “voi bianchi pennuti mi avete stancato, vi farò pentire di avere preso in giro il potentissimo Generale Inverno! Avete voluto scherzare, ma adesso la pagherete!” Ciò detto raccolse tutte le sue forze, gonfiò il petto e con le sue grosse manone strappò tre giorni a febbraio e li attaccò alla fine di gennaio. Quindi scatenò la più grande bufera di tutto l’inverno: vento gelido e neve per tre giorni come non si era mai visto.
I merli che stavano festeggiando in anticipo la fine dell’inverno smisero subito di ridere e scherzare e cercarono conforto nei loro nidi. Ma il vento era troppo potente e il gelo arrivò anche lì. Allora cercarono riparo tra gli alberi o sotto le tettoie ma il freddo li raggiunse implacabile. Alla fine per trovare un po’ di tepore si rifugiarono nei camini delle case. Passò quindi il 29 gennaio e il freddo aumentò, passò anche il 30 gennaio e continuò a nevicare, arrivò il 31 gennaio e fu il giorno più freddo di tutto l’anno.
white blickbird
Quando guarda questa vecchia foto il Generale Inverno ancora ride


I merli si salvarono restando appollaiati per tre giorni nei tiepidi camini in cui si erano rifugiati. La sera del 31 gennaio la tempesta si placò e la temperatura iniziò a risalire, il Generale Inverno aveva terminato la sua prova di forza e, soddisfatto, poteva lasciare spazio a un febbraio in cui avrebbe condiviso il tempo con la fresca primavera.
Finalmente i merli poterono uscire dai loro ripari di fortuna. Iniziarono a becchettare i primi fili d’erba che già spuntavano per placare i morsi della fame. Appena furono più tranquilli finalmente alzarono gli occhi e guardandosi gli uni con gli altri videro che qualcosa era cambiato: le loro bianche piume dopo i tre giorni trascorsi nei camini si erano impregnate di fuliggine ed erano diventate tutte nere. Provarono a lavarsi in qualche pozza di neve sciolta, si strisciarono le piume nelle prime foglioline verdi,  si becchettarono le penne l’un l’altro … non ci fu niente da fare: il nero non se ne andò e il loro piumaggio bianco fu perso per sempre.
Il Generale Inverno si godette lo spettacolo, quindi tirò fuori il suo vocione e disse in tono stentoreo: “che questo serva da lezione a voi e a tutti gli animali: non si scherza con le stagioni, con il freddo, con il clima. Non ci si può prendere gioco della Natura. Da oggi in poi gennaio avrà 31 giorni e i suoi ultimi tre giorni saranno i più freddi dell’anno. Per ricordare a tutti questa storia voi merli, che più di tutti avete scherzato, porterete per sempre queste penne nere”."
http://www.lundici.it/2013/01/la-vera-storia-dei-giorni-della-merla/


POVERI MERLI.... dopotutto erano solo contenti che finalmente fosse arrivato un po' di calduccio per uscire dai loro nidi e divertirsi un po'.....non lo siamo anche noi quando arriva la primavera?????
kiss


sabato 4 gennaio 2014

La befana non è una strega!!!!!!!!!!!!

Ciao a tutti, cari bambini!!!!!!!!  Avete pronte le vostre calze?? Appese ai camini o alle maniglie delle porte, sono pronte tutte quante????? Ricordate: il 6 Gennaio la befana vien di notte!! Con le scarpe tutte rotte e col suo scialle di lana grezza porta regali a tutti i bambini....!!!!!!!!!!
Ma, allora, chi l'ha detto che la befana sia una strega cattiva?????? dopotutto, non porta dolci e caramelle ai bambini???? E il carbone riservato ai più monelli, non è forse di zucchero e rende felici anche i più ribelli???
E poi, avete mai visto una strega che ride sempre ed è amica dei più piccini????? Vola sui tetti con la sua scopa e per magia riempie le calze di cose buone........io son sicura che è proprio amica e cerca solo di dare amore!!!!!!!!!!!
Leggete questa storia! Non è forse la storia di una strega non tanto bella ma con il cuore pieno di caramella??? E' tanto buona, come un dolcino, e sa donare  felicità anche a colui che non ne ha... Ditemi voi, se non ho proprio ragione io........

La guardiana delle oche alla fonte

Una fiaba dei fratelli Grimm

                                                   
C'era una volta una donnetta vecchia, vecchissima, che viveva col suo branco di oche, in una radura fra i monti e là aveva una casetta. La radura era circondata da un gran bosco, ogni mattina la vecchia prendeva le stampelle e arrancava nel bosco. E la vecchia donna era molto occupata, molto di più di quanto competesse alla sua età: faceva erba per le sue oche, per sé coglieva frutta selvatica quella che si trovava a portata di mano, e portava a casa tutto sulla schiena. Si poteva pensare che quel gran peso potesse schiacciarla al suolo, invece lo portava a casa senza gran fatica. Se incontrava qualcuno lo salutava con molta gentilezza: "Buon giorno, compaesano, oggi il tempo è bello! Già, certo vi stupirete che mi tiri dietro quest'erba, ma ciascuno ha da prendersi il suo peso sulle spalle."

Ma la gente non la incontrava volentieri e preferiva allungar la strada, se un padre le passava accanto con il suo bambino, subito gli sussurrava: "Guardati da quella vecchia, è furba come il diavolo, è una strega." Una mattina veniva attraverso il bosco un bel giovane! Il sole splendeva alto, gli uccelli cantavano e fra gli alberi spirava una brezza fresca, ed egli era contento e felice. Non aveva ancora incontrato nessuno, quando d'un tratto scorse la vecchia strega inginocchiata che tagliava l'erba con la roncola. In un telo ne aveva già messo un bel pò, e lì accanto c'erano due cesti pieni di pere e di mele selvatiche. "Ma nonnina," disse egli, "come fai a portar via tutta questa roba?" - "Debbo portarla, caro signore," rispose lei, "i figli dei ricchi non ne hanno bisogno. Ma presso i contadini si dice:

Non ti guardare attorno rimani gobbo tutto il giorno.

"Volete aiutarmi?," disse quando egli le si fermò accanto, "Voi avete la schiena bella dritta e le gambe giovani, per voi sarà facile. Poi la mia casa non è lontana: sta in una radura, là dietro quel monte. In due salti ci siete." Il giovane ebbe pietà della vecchia: "Veramente mio padre non è contadino," rispose, "è un conte e molto ricco, ma perché possiate vedere che non sono solo i contadini che sanno portar pesi, prenderò il vostro fastello." - "Se volete provare," disse la vecchia, "mi farà di certo piacere! Certo c'è da camminare per un'ora, ma che vi importa! E dovete portarmi anche le mele e le pere." Il giovane conte si insospettì sentendo parlare di un'ora di cammino, ma la vecchia non lo lasciò più andare, gli cacciò il fieno sulla schiena e al braccio i due canestri. "Vedete, sono leggeri come la piuma," disse. "No, non sono per niente leggeri," rispose il conte con una smorfia di dolore, "il fascio d'erba pesa come se fosse di pietra, e le mele e le pere hanno un peso tale che paiono di piombo, quasi mi manca il fiato." Aveva voglia di piantar lì tutto, ma la vecchia non gli dava pace. "Guarda un pò," disse con voce beffarda, "il giovanotto non vuole portare quello che una vecchia come me si è tirata dietro tante volte. A dir belle parole son pronti tutti, ma se si fa sul serio se la vogliono svignare. "Cosa aspetta," proseguì, "dai si muova. Quel fagotto non glielo toglie più nessuno." Fino a che il giovane camminava sul piano, poteva ancora resistere, ma quando giunsero al monte e dovettero salire, e i sassi rotolavano sotto i piedi come se fossero vivi, allora non ce la fece più. Gocce di sudore gli bagnavano la fronte e gli scivolavano giù per la schiena, ora gelide ora cocenti. "Nonnina," disse, "non ce la faccio più debbo riposarmi un pò!" - "Niente affatto," rispose la vecchia, "quando saremo arrivati potrete riposarvi, ma ora si va avanti. Chissà che non vi faccia bene." - "Vecchia, sei veramente insolente," disse il giovane, e voleva gettare a terra il fardello, ma era tutto inutile, gli stava attaccato alla schiena come se l'erba avesse messo radici! Si girò e si scosse qua e là ma non riusciva a liberarsi. La vecchia rideva e saltava con la sua gruccia, tutta contenta. "Non arrabbiatevi, caro signore, diventate rosso in faccia come un tacchino," disse, "portate il fardello con pazienza e quando saremo a casa vi darò una buona mancia."

E lui cosa poteva fare? Dovette rassegnarsi al suo destino e trascinarsi con pazienza dietro alla vecchia. Questa pareva farsi sempre più contenta e giuliva e il carico sempre più pesante. D'un tratto ella fece un balzo, saltò sul fardello, vi ci si accomodò bene e, secca e magra com'era pesava più d'una bella contadinotta. Al giovane tremavano le ginocchia, ma se non proseguiva, la vecchia lo picchiava sulle gambe con una verga o con delle ortiche. Sempre lamentandosi, egli salì il monte e, alla fine, giunse alla casa della vecchia, proprio quando stava per stramazzare al suolo. Quando le oche videro la vecchia, alzarono le ali. allungarono il collo e le corsero incontro schiamazzando "qua qua." Dietro al branco, con una verga in mano, veniva una vecchia donna, grande e grossa e brutta come la notte. "Signora madre," disse questa alla vecchia "vi è capitato qualche cosa, siete stata via tanto!" - "Tranquillizzati, figlia mia," rispose quella, "non mi è capitato niente di male, al contrario, questo buon signore ha portato il mio carico e, pensa, quando ero stanca, ha caricato anche me sulla sua schiena. La strada non ci è parsa affatto lunga, siamo stati in buona allegria e abbiamo scherzato assieme." Alla fine la vecchia scivolò giù fino per terra, gli tolse il fardello dalla schiena e i cesti dal braccio, lo guardò benevolmente e gli disse: "Adesso mettetevi sulla panca davanti all'uscio e riposate. Vi siete guadagnato il vostro compenso e lo avrete." Poi disse alla guardiana delle oche: "Tu va in casa, figlia mia, non va bene che rimani sola con un giovanotto, non si deve versar olio sul fuoco, potrebbe innamorarsi di te." Il conte non sapeva se piangere o ridere, "un tesoruccio come questo, anche se avesse trent'anni di meno, non toccherebbe certo il mio cuore."

Intanto la vecchia accarezzava e coccolava le sue oche come fossero bambini, poi entrò in casa con la figlia. Il giovane si sdraiò sulla panca sotto un melo selvatico. L'aria era dolce e tiepida, tutt'attorno si stendeva un bel prato verde. pieno di primule, timo selvatico e mille altri fiori, là in mezzo mormorava un ruscello limpido e sopra splendeva il sole, le tre oche bianche passeggiavano su e giù e si bagnavano nell'acqua. "E proprio bello qui," disse il giovane, "ma sono talmente stanco che non riesco a tener gli occhi aperti, dormirò per un pò. Basta che un colpo di vento non mi porti via le gambe, perché me le sento molli come la ricotta."

Dormiva da poco quando venne la vecchia e lo svegliò scrollandolo. "Alzati," disse, "non puoi restare qui. Ti ho tormentato. è vero, ma non ci hai poi rimesso la pelle. Ora avrai la tua ricompensa - denaro e beni non te ne servono, eccoti qualcosa d'altro." E gli mise in mano una scatoletta, ricavata da un unico smeraldo. "Conservala con cura," disse, "ti porterà fortuna." Il conte balzò in piedi e, sentendosi fresco e rinvigorito, ringraziò la vecchia del suo dono e si incamminò senza nemmeno voltarsi a rimirare la bella figlia. Aveva già fatto un bel pezzo di strada che ancora udiva l'allegro schiamazzare delle oche. In quella selvaggia radura il conte dovette vagare per tre giorni, prima di trovare la strada per uscire. Arrivò poi in una grande città e, siccome nessuno lo conosceva, lo condussero al castello reale, dove il re e la regina sedevano sul trono.

Il conte fece un inchino, trasse lo smeraldo di tasca e lo porse alla regina. Ma appena la regina l'aprì e vi guardò dentro, cadde a terra come morta. Il conte fu arrestato dai servitori del re e stavano proprio per portarlo in prigione, quando la regina riaprì gli occhi e gridò di lasciarlo libero e che tutti uscissero dalla sala perché voleva parlare da sola con lui. Quando furono soli, la regina scoppiò in lacrime e disse: "A cosa mi servono il lusso e gli onori che mi circondano se ogni mattina mi sveglio nell'ansia e nel dolore? Io ho avuto tre figlie, e la minore era talmente bella, che tutti ne rimanevano incantati! Era bianca come la neve, rosea come i fiori di melo e i suoi capelli brillavano come raggi di sole. Se piangeva, dai suoi occhi non cadevano lacrime, ma perle e pietre preziose! Quando ebbe quindici anni, il re fece comparire le figlie davanti a lui! Avreste dovuto vedere che occhi fece la gente quanto entrò la più piccola, pareva che sorgesse il sole." Il re disse: "Figlie mie, non so quando verrà il mio ultimo giorno e fino da ora voglio stabilire quello che ognuna di voi avrà dopo la mia morte! So che mi amate tutte e tre, ma quella che mi ama di più avrà la parte migliore." Ognuna disse che lo amava più delle altre. "Non sapetedirmi come mi amate?," rispose il re "così capirò il vostro pensiero." La maggiore disse: "Amo mio padre come il più dolce degli zuccheri." La seconda disse: "Amo mio padre come il vestito più bello." Ma la più piccola taceva. Allora il padre le chiese: "E tu mia carissima piccina, come mi ami?." - "Non so, non so paragonare a nulla il mio amore," disse la più piccola. Ma il padre insisteva che nominasse qualche cosa. Alla fine ella disse: "Il miglior cibo non mi piace senza sale, così amo mio padre come il sale." All'udirla il re si indignò e disse: "Se mi ami come il sale, il tuo amore sarà ricompensato con il sale."

Divise il regno fra le due prime figlie e alla più piccola fece legare un sacco di sale sulla schiena e due servi dovettero condurla nel bosco selvaggio. "Tutti abbiamo pregato ed implorato per lei," disse la regina, "ma la collera del re fu implacabile! Come piangeva la povera piccola quando dovette lasciarci. Tutta la strada fu cosparsa dalle perle che sgorgavano dai suoi occhi. Ben presto il re si pentì della sua crudeltà e mandò a cercare la fanciulla per tutto il bosco, ma nessuno riuscì a trovarla. Quando penso che le bestie feroci l'avranno divorata sono fuori di me dal dolore, talvolta mi consolo e penso che sia ancora viva e che si sia nascosta in una grotta, o abbia trovato rifugio presso qualche anima buona. Ma pensate, quando ho aperto la vostra scatolina di smeraldo, dentro c'era una perla, proprio uguale a quelle che scorrevano dagli occhi di mia figlia. Potete immaginare come d mio cuore si sia commosso a quella vista. Ditemi ora da dove viene questa perla?"

Il conte raccontò che gliela aveva data la vecchia del bosco, e che gli era risultata strana, che probabilmente era una strega, ma la figlia della regina non l'aveva vista e non ne aveva sentito parlare. Il re e la regina vollero cercare la vecchia, pensavano che dove c'era la perla lì doveva esserci anche la loro figliola.

Fuori nella radura selvaggia sedeva la vecchia e filava. Era già buio e qualche pezzo di legna che ancora ardeva nel camino mandava una luce fioca. Fuori, d'un tratto ci fu un gran baccano. le oche tornavano dalla pastura e facevano delle grida roche. Poco dopo entrò anche la figlia. La vecchia rispose appena al suo saluto e crollò un poco la testa. La figlia sedette accanto a lei; prese l'arcolaio e si mise a filare, veloce come una fanciullina. Così continuarono per due ore senza scambiarsi parola. Alla fine si udì un fruscio alla finestra e guardarono dentro due grandi occhi di fuoco: era un vecchio gufo che per tre volte gridò "Uhu." La vecchia alzò appena gli occhi, poi disse: "ora è tempo, figliola, che tu esca a fare il tuo lavoro."

La figlia si alzò ed uscì. Ma dove andò? Attraverso i prati. giù giù fino alla valle, fino a che giunse ad una fonte dove c'erano tre vecchie querce. La luna era grande e tonda sopra la montagna ed era tanto chiaro che si sarebbe potuto trovare uno spillo. Ella si tolse una pelle che aveva sul viso, poi si chinò sulla fonte e cominciò a lavarsi. Quando ebbe finito immerse anche la pelle nell'acqua e la mise sul prato perché si imbiancasse e si asciugasse alla luce di quella luna. Ma come si era trasformata la ragazza! Una cosa del genere di certo non l'avete mai vista. Appena la treccia grigia cadde, ecco sgorgare i capelli d'oro come raggi di sole, e come un manto le ricoprirono tutta la persona. Non si vedevano che gli occhi, scintillanti come le stelle del cielo, e le guance ardevano di un tenue rosa, come fiori di melo. Ma la bella fanciulla era triste, sedette e pianse amaramente: una dopo l'altra le lacrime le scorrevano dagli occhi e rotolavano fra i lunghi capelli. Così stava e sarebbe rimasta a lungo, se non avesse udito uno scricchiolio e un fruscio fra i rami dell'albero vicino.

Balzò in piedi come un capriolo che sente lo sparo del cacciatore. Proprio in quel momento la luna fu coperta da una nuvola scura, in un attimo la fanciulla indossò la vecchia pelle e scomparve come una lampada spenta dal vento. Tremando come una foglia tornò a casa di corsa. La vecchia era sulla soglia e la fanciulla voleva narrarle quello che le era accaduto, ma la vecchia rise con benevolenza e disse: "So già tutto." La condusse nella stanza e buttò un altro legno sul fuoco. Ma non tornò a sedersi all'arcolaio, prese una scopa e si mise a spazzare e a strofinare. "Deve essere tutto lindo e pulito," disse alla fanciulla. "Ma madre, perché vi mettere al lavoro così tardi? Cosa volete fare?" - "Sai che ore sono?," domandò la vecchia. "Non ancora mezzanotte," rispose la fanciulla, "ma le undici sono sicuramente passate" - "Non ricordi?," proseguì la vecchia "oggi sono tre anni che sei venuta da me. Il tuo tempo è trascorso, non possiamo più rimanere assieme." La fanciulla si spaventò e disse: "Cara mamma, volete scacciarmi? Dove andrò mai? Non ho casa né amici a cui rivolgermi. Ho fatto tutto quello che mi avete ordinato, di me siete sempre stata contenta, non scacciatemi." La vecchia non voleva dirle quello che l'aspettava. "Io non posso più stare qui," le disse, "ma prima che me ne vada tutto deve essere pulito, perciò non trattenermi nel mio lavoro. Quanto a te, non preoccuparti, avrai un tetto sotto cui abitare e poi sarai contenta del compenso che ti darò." - "Ma ditemi almeno cosa mi accadrà," disse ancora la fanciulla. "Ti ripeto, non disturbarmi nel lavoro. Non parlare più e vattene nella tua stanza, togliti la pelle dal viso e mettiti l'abito di seta che portavi quando sei venuta da me e poi aspetta fino a che ti chiamerò." Ma torniamo al re e alla regina, che erano partiti con il giovane conte e volevano ritrovare la vecchia della radura selvaggia. Di notte il conte li aveva preceduti nel bosco e poi perduti, così dovette proseguire da solo. Il giorno dopo gli era parso d'essere sulla strada giusta. Continuò a camminare finché si fece buio, e allora salì su di un albero per passarvi la notte perché temeva di smarrirsi di nuovo. Quando la luna illuminò il bosco, scorse una figura che scendeva dal monte. Non aveva in mano la verga, ma egli la riconobbe come la guardiana delle oche, che aveva visto presso la casa della vecchia. "Eccola," pensò, "se c'è una delle streghe non mi sfuggirà nemmeno l'altra." Ma rimase di sasso, quando ella si accostò alla fonte, si tolse la pelle, si lavò e le si sciolsero i capelli d'oro. Era così bella come mai ne aveva vista qualcuna al mondo. Egli osava appena respirare, ma allungò il collo fra le foglie più che gli era possibile, senza togliere gli occhi di dosso. O che si fosse sporto troppo, o per qualche altro mo­tivo, d'un tratto il ramo scricchiolò, e subito la fanciulla si infilò la pelle e corse via come un capriolo. In quell'istante si coprì la luna ed egli non la vide più.

Appena fu sparita, il conte scese dall'albero e l'inseguì di corsa. Non aveva fatto molta strada, quando nella fioca luce scorse due figure che vagavano per il prato. Erano il re e la regina, che da lontano avevano scorto la luce nella casetta della vecchia, e là dirigevano i loro passi! Il conte narrò loro di quale meraviglia era stato spettatore alla fonte ed essi non dubitarono che quella fosse proprio la loro figliola perduta. Arrivarono pieni di gioia alla casetta, le oche stavano attorno alla casa con la testolina sotto l'ala e dormivano, e nessuna di loro si mosse. Essi guardarono dalla finestra. La vecchia sedeva in silenzio e filava. faceva solo un cenno di assenso con la testa, ma non si guardava mai attorno. Tutto nella stanza ora era pulitissimo, come se ci abitassero gli omini della nebbia, che mai hanno i piedi impolve­rati. Ma non videro la loro figliola. Per un pò stettero a guardare ben bene, poi si fecero coraggio e bussarono piano piano alla finestra. Parve che la vecchia li aspettasse, si alzò e gridò allegramente: "Entrate pure, vi conosco già." Quando furono dentro. ella disse: "Avreste potuto risparmiarvi questo lungo cammino, se tre anni fa non aveste scacciato ingiustamente vostra figlia, che è tanto buona ed affettuosa. A lei non ho fatto alcun male. per tre anni ha dovuto custodir le oche, così non ha imparato nulla di male e ha mantenuto puro il suo cuore. Ma voi siete stati puniti abbastanza dall'angoscia nella quale siete vissuti." Poi si avvicinò alla stanza e chiamò: "Esci, piccina mia!." La porta si aprì e la principessa comparve nella sua veste di seta, coi suoi capelli d'oro e gli occhi come stelle, e parve che un angelo fosse sceso dal cielo.

Si accostò ai genitori, li abbracciò e baciò e tutti piansero di gioia. Il giovane conte era accanto a loro, e quando ella lo vide si fece rossa in viso come una rosa muschiata, e lei stessa non sapeva il perché. Il re disse: "Il mio regno lo ho donato, cara bambina, cosa devo darti?." - "Non ha bisogno di nulla," disse la vecchia, "io le dono le lacrime che ha pianto per voi, sono perle, più belle di quelle che si trovano nel mare, e valgono più di tutto il vostro regno! E in compenso dei suoi servigi le lascio la mia casetta." Detto ciò la vecchia sparì. Si udì un lieve scricchiolio nelle pareti e, come si guardarono attorno, videro che la casetta si era trasformata in un meraviglioso palazzo, una tavola regale era già apparecchiata e i servitori correvano qua e là.

La storia continua, ma mia nonna che me la ha raccontata, aveva ormai poca memoria, e il resto se l'era dimenticato. Comunque immagino che la bella principessa abbia sposato il conte e che siano rimasti assieme al castello e che là abbiano vissuto, fino a che Dio lo ha permesso, in tutta felicità. Se poi le candide oche custodite vicino al castello fossero tutte fanciulle (nessuna se ne abbia a male) che la vecchia aveva tenuto con sé e che poi abbiano ripreso figura umana, e siano divenute ancelle della giovane regina, su ciò non so niente di preciso, ma credo proprio di sì.

Certo quella vecchia non era una strega, come la gente pensava, ma una vecchia saggia che faceva del bene. Probabilmente, alla nascita della principessa, era stato proprio suo il dono di pianger perle invece che lacrime. Oggi non succede più, altrimenti i poveri diverrebbero presto ricchi.